Negli articoli precedenti di questa serie, abbiamo introdotto quella che viene considerata l'età dell'oro degli omicidi seriali - tra il 1970 e il 1999 - e di come fattori storici come la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondialecombinati con l'affermarsi all'interno della cultura americana di riviste che celebravano la cultura dello stupro abbiano potuto avere un'influenza sulll'ondata di serial killer di quel periodo, composta principalmente da persone cresciute negli anni 40 e 50 del XX secolo.

Abbiamo inoltre visto come 15.000 anni fa, sviluppando l'agricoltura e vivendo in gruppi e città, iniziammo a socializzarci e a dare origine alla società umana per inibire i nostri istinti violenti.

Nel processo di socializzazione secondario, l'individuo può portare coerenza nei processi di socializzazione conflittuali e contrastanti, dato che egli stesso è l'agente primario a differenza della socializzazione primaria dove il soggetto è ancora inerme.

E' in questa fase che cause esterne possono portare a traumi psicologici e compromettere il normale sviluppo comportamentale di un individuo.

Il trauma psicologico si ha come conseguenza di un evento (o una sequenza di eventi) con caratteristiche tali da interrompere la continuità normalmente avvertita da un soggetto tra esperienza passata ed intenzionalità.

Per essere chiamato "traumatico" l'evento deve produrre nell'individuo un'esperienza vissuta come "critica", eccedente cioè l'ambito delle esperienze normalmente da lui prevedibili e gestibili. Il trauma è quindi un esempio di stress di gravità estrema, che minaccia l'integrità stessa della coscienza.

Traumi tipici sono l'abuso, la violenza sessuale, la violenza domestica, il lutto, il bullismo, la malattia, la violenza verbale e/o fisica o la sua minaccia, gli incidenti, altre violazioni (come furti o raggiri) o perdite di sicurezze personali.

Anche l'assistere a questi fatti può costituire un evento traumatico.1

Ci sono poi i "traumi cumulativi": lutti precoci, relazioni dolorose nell'infanzia, malattie più o meno invalidanti dei genitori o proprie, fallimenti professionali, delusioni amorose, ecc.

Questi hanno la loro origini nel periodo di sviluppo in cui il bambino necessita della madre e la usa come proprio schermo protettivo. Qualsiasi disturbo nella delicata interazione dei fattori individuali e ambientali durante questo periodo può diventare traumatico.2

Comunque, raramente l'attraversare tali esperienze, pur se penose e difficili, determina lo sviluppo di una vera e propria sindrome clinica, o "trauma psicologico strutturato" (DPTS).

Il disturbo da stress post-traumatico (DPTS), in psicologia e psichiatria è l'insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento.
È denominato anche nevrosi da guerra, proprio perché inizialmente riscontrato in soldati coinvolti in pesanti combattimenti o in situazioni belliche di particolare drammaticità (con definizioni e sottotipi diversi: Combat Stress Reactions, Battle Fatigue, Shell Shocks), o anche come conseguenza di atti di mobbing.

Anche se la descrizione delle classiche sintomatologie post-traumatiche è reperibile anche in testi molto antichi, lo studio delle sindromi post-traumatiche strutturate iniziò ad articolarsi compiutamente durante la prima guerra mondiale. Durante la seconda guerra mondiale e la guerra di Corea gli psichiatri militari ripresero gli spunti dei loro colleghi della generazione precedente, ed iniziarono a sviluppare trattamenti specifici per le sindromi traumatiche nel personale militare. Con la guerra del Vietnam la prevalenza delle sindromi post-traumatiche nel personale militare iniziò a manifestarsi in proporzioni ancora più ampie, ed il tema iniziò ad essere portato all'attenzione dell'opinione pubblica.

È importante ricordare che la maggior parte delle persone, anche se vive eventi potenzialmente traumatici, subisce solo delle reazioni emotive transitorie ("reazioni normali ad eventi anormali") che, seppur dolorose, raramente si trasformano in un vero e proprio DPTS strutturato. Si valuta che la prevalenza lifetime del DPTS in una popolazione normale sia del 7,8%.3

La variabile discriminante, nel rendere tendenzialmente più "psicologicamente traumatici" gli eventi di violenza diretta e voluta, rispetto a quelli indiretti e "accidentali", è proprio la percezione di "volontarietà" del danno che viene portato contro il soggetto. Se l'agente di danno è impersonale o naturale (es.: terremoto), la percezione della vittima della causalità volontaria dell'accaduto, e della "volontà di fargli un danno personale", è ovviamente inferiore rispetto a quello di un atto di violenza diretta perpetrato appositamente nei suoi confronti da un'altra persona, con conseguente minore traumatizzazione psichica.

Un altro fattore, che complica le cose ma aggiunge maggior chiarezza, è quello delle differenze individuali.

Una stessa situazione, seppur negativa e disturbante, non risulta ugualmente traumatica e disorganizzante per tutti. A seconda delle risorse personali, delle capacità di coping e di resilienza di ognuno, i traumi così come le successive difficoltà ad essi connessi possono essere gestiti ed affrontati in modi anche molto differenti incidendo differentemente sulla vita adulta.

Non sono le situazioni reali a risultare obiettivamente traumatiche, ma come soggettivamente vengono percepite da coloro che le hanno vissute (se eccedenti o meno le proprie capacità di fronteggiamento) a renderle potenzialmente disorganizzanti e disturbanti per l’equilibrio o lo sviluppo psicoemotivo della persona.

Perché un evento estremo, ancorché molto doloroso, si traduca in una sindrome di trauma strutturato, è necessario il concorso di ulteriori fattori personali ed esperienziali nella storia pregressa dell'individuo (quali fenomeni di abuso e trascuratezza nell'infanzia, problematiche psicologiche pregresse, etc.), oltre che nella struttura della rete di supporto sociale.

La gravità del trauma varia da persona a persona, dal tipo di trauma in questione e dal supporto emotivo derivato dalle altre persone. Un individuo traumatizzato ne può sperimentare anche più di uno.

Il DPTS non colpisce automaticamente le persone più "deboli" o "fragili": spesso persone apparentemente "fragili" riescono ad attraversare senza conseguenze eventi traumatici abbastanza importanti, mentre persone "solide" si trovano in difficoltà dopo eventi che hanno un significato personale o simbolico particolarmente difficile da elaborare.

L'intervento immediato di supporto individuale, gruppale e psicosociale a singoli e comunità che hanno subito un evento critico è ambito elettivo della psicologia dell'emergenza; invece, gli interventi clinici di valutazione e intervento sulle sindromi di trauma psicologico strutturato, nel medio-lungo periodo, sono ambito elettivo della psicotraumatologia.

Le persone che hanno subito dei traumi spesso manifestano vari sintomi e problemi in seguito.
Il DPTS può prodursi a partire da poche settimane dall'evento (anche se sintomatologie similari, definite di ASD/DAS - disturbo acuto da stress, possono prodursi anche dalle prime ore post-evento), e perdurare per molto tempo; in altri casi, il disturbo si manifesta ad una certa distanza di tempo dall'evento, anche dopo diversi mesi (DPTS tipo "Delayed Onset").

Dopo un'esperienza traumatica, una persona può rivivere il trauma mentalmente e fisicamente, perciò evita il ricordo del trauma, chiamato anche trigger, in quanto questo può essere insopportabile e persino doloroso.

I trigger e i sintomi agiscono come promemoria del trauma e possono causare ansia e altre emozioni associate.

Spesso il soggetto traumatizzato può essere completamente all'oscuro dei trigger. In molti casi questo può portare una persona che soffre di disturbi traumatici ad impegnarsi in meccanismi di adattamento distruttivo o autodistruttivo, spesso senza essere pienamente consapevole della natura o delle cause delle proprie azioni.

Gli attacchi di panico sono un esempio di una reazione psicosomatica ai trigger.

Di conseguenza, i sentimenti intensi (come la rabbia) possono riemergere frequentemente, a volte in situazioni molto inappropriate o impreviste, e sembrano essere un pericolo sempre presente, per quanto in realtà esistano e siano la conseguenza di eventi passati.

Ricordi sconvolgenti quali immagini, pensieri o flashback possono tormentare la persona, e gli incubi possono essere frequenti. L'insonnia può manifestarsi, così come le paure nascoste e l'insicurezza, che mantengono la persona vigile e attenta al pericolo, sia di giorno che di notte.

La persona può non ricordare quello che è realmente accaduto, mentre le emozioni vissute durante il trauma possono essere rivissute senza che ne comprenda il motivo.

Questo può portare a eventi traumatici costantemente vissuti come se stessero accadendo nel presente, impedendo al soggetto di ottenere una prospettiva chiara sull'esperienza. Questo può produrre un modello di prolungati periodi di eccitazione acuta punteggiati da periodi di stanchezza fisica e mentale.

Nel tempo, si può instaurare un esaurimento emotivo, portando così alla distrazione, e il pensare lucidamente può risultare difficile o persino impossibile. Il distacco emotivo, così come la dissociazione o la desensibilizzazione, può verificarsi frequentemente.

Dissociarsi dall'emozione dolorosa significa annullare tutte le emozioni, e quindi si arriva alla desensibilizzazione emotiva, che porta la persona ad apparire emotivamente svuotata, preoccupata, distante o fredda. La persona può tendere a confondersi in situazioni ordinarie e ad avere problemi di memoria.

Alcune persone traumatizzate possono sentirsi danneggiate in modo permanente quando i sintomi del trauma non spariscono e non credono che la loro situazione migliorerà. Questo può portare a sentimenti di disperazione, perdita di autostima e spesso alla depressione.

Le persone traumatizzate possono cercare sollievo nelle sostanze psicotrope, tra cui l'alcool, per cercare di sfuggire ai sentimenti legati al trauma.

Il rivivere i sintomi è un segno che il corpo e la mente stanno attivamente cercando di far fronte con l'esperienza traumatica.

Se aspetti importanti della persona sono stati violati, questa può chiamare la propria identità in discussione. Spesso, nonostante gli sforzi, i genitori traumatizzati possono avere difficoltà nell'assistere il loro bambino con la regolazione delle emozioni, l'attribuzione di significato e contenimento della paura post-traumatica in seguito ad una esperienza traumatica del bambino, che porta a conseguenze negative per quest'ultimo.

In tali casi, è nell'interesse dei genitori, e dei figli per i genitori, di cercare la consultazione e fare in modo che anche il loro bambino riceva adeguati servizi di salute mentale.



1 - Si parla in questo caso di "vittime secondarie", o anche di vittime "terziarie" nel caso dei soccorritori che assistono le vittime primarie.

2 - Tali tipi di traumi sono attualmente definiti come "traumi di tipo 2" (riservando la definizione di "trauma di tipo 1" agli eventi traumatici "singoli": incidenti unici, eventi critici isolati, ecc.).

3 - La percentuale sale di molto per i traumi relativi a violenza fisica o sessuale diretta, mentre è significativamente più bassa per i traumi derivanti dall'esposizione a calamità naturali.

Rate this posting:


Leave a Reply

- English is welcome too -