A quanto noto, l'evoluzione della vita sulla Terra parte circa 4,5 miliardi di anni fa.
Circa 85 - 95 milioni di anni fa, durante il Cretaceo, proseguendo per un albero filogenetico che affonda le radici alle origini della vita, alcuni appartenenti alla classe dei mammiferi, nel superordine degli Euarchontoglires, si divisero dal gruppo dei Laurasiatheria, dando origine al ramo dei primati. Dal Miocene, circa 18 milioni di anni fa, da questa classe si diramarono le scimmie antropomorfe.
Circa 15-20 milioni di anni fa, gli ominidi continuarono a colonizzare ambienti di foresta tropicale ma iniziarono anche a frequentare le savane in cerca di cibo.
Il processo evolutivo, riconosciuto e attestato, ha evidenziato che la famiglia Ominidi si è evoluta da una popolazione di protoprimati stanziatisi nel Rift africano. È stato stimato che la linea umana si sia distaccata da quella dei gorilla circa 8 milioni di anni fa, da quella degli scimpanzé circa 5 milioni di anni fa, e che 2,3-2,4 milioni di anni fa il genere Homo si sia differenziato dall'Australopithecus.
Il processo evolutivo non si è limitato alla sola evoluzione della specie ma, stante l'aumento della complessità e la versatilità della mente umana risultante dal processo biologico, ha comportato una contemporanea e veloce, comparativamente ad altre specie viventi, evoluzione in ambito sociale, tecnologico e culturale.
Iniziò così l'evoluzione fisiologica e poi culturale di questi primati che li condusse anche ad afferrare, trasportare, scegliere cibo e altri oggetti.
Le specie più vicine all'uomo costituiscono la sottofamiglia degli Ominini. L'esatto criterio che contraddistingue gli Ominini non è chiaro, ma sono incluse nella sottofamiglia le specie che posseggono almeno il 97% del DNA corrispondente al genoma umano ed esibiscono qualche capacità di linguaggio e una socialità nella famiglia e del branco.
In riferimento alla competizione tra individui Darwin descrisse il concetto come "lotta per l'esistenza", basandosi sull'osservazione che, gli organismi, moltiplicandosi con un ritmo troppo elevato, producono una progenie quantitativamente superiore a quella che le limitate risorse naturali possono sostenere, e di conseguenza sono costretti a una dura competizione/cooperazione per raggiungere lo stato adulto e riprodursi.
La teoria della selezione naturale prevede che all'interno di tale variabilità , derivante da mutazioni genetiche casuali, nel corso delle generazioni successive al manifestarsi della mutazione, vengano favorite ("selezionate") quelle che portano gli individui ad avere caratteristiche più vantaggiose in date condizioni ambientali, determinandone cioè un vantaggio adattativo (migliore fitnes) in termini di sopravvivenza e riproduzione.
In poche parole, gli individui meglio adattati ad un certo habitat si procureranno più facilmente il cibo e si accoppieranno più facilmente degli altri individui della stessa specie che non presentano tali caratteristiche.
Il termine "adattamento" è di fondamentale importanza.
In particolare, l'adattamento è riferito alle modificazioni di una struttura anatomica, un processo fisiologico o un tratto comportamentale di un organismo che si è evoluto in un certo periodo di tempo come effetto della selezione naturale, in maniera tale da aumentare il successo riproduttivo di tale organismo (nelle determinate condizioni ambientali in cui l'organismo si trova) per una particolare funzione.
Al fine di individuare tale funzione, per sapere il motivo per cui esiste l'adattamento e perché ha determinate caratteristiche, si deve conoscere il motivo per cui la selezione naturale l'ha creata.
Per identificare questo, è necessario impegnarsi in un processo, chiamato ingegneria inversa, per scoprire la funzione di tale adattamento.
Se tale effetto rende il gene mutato più comune attraverso le generazioni successive, la selezione naturale lo selezionerà e l'animale inizierà a esibire quel comportamento o quella caratteristica.
Se invece, quel gene mutato diminuisce la possibilità di riproduzione e scarseggia nella popolazione, allora sarà escluso e/o eventualmente distrutto, dimenticato o mantenuta a bassi livelli.
La pressione selettiva, la circostanza ambientale che permette ad un organismo di riprodursi meglio, è ciò che spinge un gene da zero alla fissazione nella specie (presenza del 100%). Col passare del tempo, se aumenta la riproduzione, la pressione selettiva spinge il gene verso la fissazione nella specie adattandola lentamente al suo ambiente.
L'adattamento può aumentare l'efficienza nel procurarsi o utilizzare le risorse fondamentali quali aria, luce, acqua e nutrimento, permettere di sopportare determinate condizioni fisiche difficili quali basse o elevate temperature e l'assenza di luce o aumentare la capacità di difendersi da un predatore.
Facciamo un esempio per essere chiari.
E quindi cosa succede se appare una mutazione rara che rende il colore della pelliccia dei conigli più bianco, un po' di più come la neve?
Questi conigli si confonderanno un po' con l'ambiente e avranno meno probabilità di venir mangiati.
Come risultato di ciò, avranno più probabilità di riprodursi e faranno più progenie, in media, rispetto ai conigli marroni.
Lentamente ma inesorabilmente con il passare delle generazioni ciò che accadrà è che il coniglio inizierà a diventare più bianco fino a quando non si fonderà perfettamente con la neve.
La stessa cosa o quasi.
Il lupo sta cercando di evitare di essere rilevato dal coniglio, perché quando il coniglio rileva il lupo, scappa via. I lupi hanno quindi una migliore possibilità di nutrirsi di coniglio se possono fondersi nel loro ambiente.
Perciò, mentre la selezione naturale sta "spingendo" il coniglio più e più volte, rendendolo più mimetizzabile, sta anche spingendo i geni nella popolazione dei lupi, rendendoli sempre più abili a catturare il coniglio.
Le affinità morfologiche e biochimiche tra le diverse specie oggi viventi sulla Terra (che sono accomunate dalla stessa struttura del DNA, dallo stesso codice genetico, dagli stessi amminoacidi utilizzati nelle catene proteiche), insieme alle evidenze paleontologiche, indicano come esse derivino tutte quante, attraverso un processo di divergenza, da progenitori ancestrali comuni.
Ciò richiede che una parte della specie subisca un'evoluzione divergente dal resto, in modo che ad un certo punto si siano accumulate tante variazioni da poterla considerare una specie distinta.
Se si dà un'occhiata a come le specie sono legate le une alle altre si ottiene una sorta di albero genealogico.
Prendiamo ad esempio in considerazione il procacciarsi il cibo.
Non si può andare là fuori e mangiare a caso.
Quindi è necessario un meccanismo per aiutare a identificare quali parti dell'ambiente siano commestibili e quali parti no (un meccanismo di scelta alimentare).
Di solito, il nostro meccanismo di scelta degli alimenti tiene traccia di frutta matura, carne e frutta secca, e altri alimenti abbastanza sani.
Ma questo meccanismo ci permette anche di fare delle valutazioni formidabili. Ci permette di valutare le dimensioni di un avversario, e renderci conto se potremmo batterlo in combattimento oppure no.
Gi elementi derivanti dal meccanismo di scelta alimentare, ad esempio, determinano anche le possibilità di riproduzione poichè la femmina della specie favorirà la riproduzione con il maschio più ADATTO che le garantirà protezione e cibo per accudire la progenie. Il maschio, se stabilisce che la conformazione fisica della femmina garantirà la sopravvivenza al parto dei cuccioli, investirà tempo ed energie per riprodursi in cambio di cibo e protezione. Il maschio combatterà con altri maschi della stessa specie, se necessario, per mantenere i suoi diritti di riproduzione e mantenere la sua "posizione sociale" (status) all'interno della comunità o branco. Questo gli permetterà di avere dei bonus sociali e un maggior numero di femmine con cui riprodursi e propagare nelle generazioni successive gli elementi di quelle mutazioni che portano ad adattamenti selettivi.
Non è una questione di forza fisica ma della facoltà degli organismi viventi di mutare i propri processi metabolici, fisiologici e comportamentali, che consentono loro di adattarsi alle condizioni dell'ambiente nel quale vivono. Tutto dipende sempre dall'ambiente in cui si vive.
Nel momento in cui non sei il leader del tuo branco perchè hai sconfitto la tigre dai denti a sciabola, le dinamiche cambiano ma i problemi restano sempre gli stessi.
Il meccanismi di scelta degli alimenti è stato progettato in quell'ambiente ancestrale. Così abbiamo una sorta di fame atavica per lo zucchero e cibi ad alto contenuto di grassi. In quell'ambiente funzionava molto bene.
Il problema è, che oggi viviamo in un ambiente diverso dove qualcuno ha inventato frullati, caramelle, e cioccolato, e tutti i tipi di cibo gustosi e buoni, molto ricchi di zuccheri e grassi. Gli esseri umani li consumano ed amano, anche se fanno male.
Ci rendono meno sani e meno attraenti con il passare del tempo. Eppure, continuiamo a mangiare tutte quelle cose. Perché?
Perché ci siamo evoluti in quell'ambiente ancestrale e questo è il modo in cui il nostro meccanismo di scelta degli alimenti funziona.
Diversi reati sono causati da "meccanismi" completamente differenti, e devono essere intesi in questo modo. Per capire il motivo per cui viene commesso ad esempio l'infanticidio, è necessario identificare il meccanismo di adattamento evolutivo alla base di esso. Sarà un meccanismo diverso da quello che determina gli omicidi, i femminicidi, le aggressioni di massa, etc. Ogni reato avrà meccanismi diversi con funzioni diverse, e devono quindi essere studiati in modo diverso.
Nel prossimo articolo stabiliremo cos'è una famiglia e determineremo il comportamento nei confronti dei membri della propria famiglia.
Categories:
adattamento,
antropologia criminale,
Blog,
Charles Darwin,
evolution and origins of crime,
evoluzione,
habitat,
mutazioni genetiche,
selezione naturale,
speciazione
Rate this posting: